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De limba sarda

Il tema della lingua sarda ha portato alla luce molto di quel peggio che da sempre ha caratterizzato la politica sarda, si è voluta stupidamente unificare una lingua che unificata non lo è, probabilmente, mai stata. Il sardo, sia esso unificato o comune non è mai esistito nel senso ne di lingua unificante ne di lingua comune, il sardo essendo palesemente una lingua latina non è la lingua dei sardi o perlomeno non lo è nel senso storico, essendo verosimilmente arrivata in Sardegna con la presenza romana e successivamente quindi a qualche lingua realmente indigena. Non è quindi la lingua dei sardi, al più si sarebbe potuto accettare che il sardo letterario potesse essere preso a riferimento per lo studio di alcuni specifici periodi, ma pretendere di inventare una lingua per una idiota necessità politica signori miei belli è tanto stupido quando demagogico.

La mia rabbia nasce evidentemente dalla discriminazione che questi politicanti fanfarroni da quattro soldi (visto che solo di politicanti o mercenari può trattarsi e non di studiosi intesi come tali) hanno evidenziato nel concetto che il sardo, sia esso comune o unificato, sia quello parlato nelle barbagie, nel logudoro e nel campidano.

Ora se è evidente una vicinanza fra la parlata di Nuoro, di Macomer e diciamo di Ittiri, mi sembra assolutamente incredibile che qualcuno possa aver pensato ad una vicinanza fra una qualsiasi di queste parlate e quella di Cagliari. Mi chiedo dunque, ed è evidente che solo una speculazione populista può aver portato a tanto, come sia possibile parlare di lingua comune escludendo per partito preso le parlate di Sassari, di Tempio, di Alghero o di Carloforte. E’ palese, come il fatto che chi governa e chi insegna siano ottusi peggio del granito, il fatto che un parlante la variante di Macomer non capisca se non a fatica  il sassarese o il cagliaritano. Ora in molti sappiamo che la padronanza di una lingua latina permette una forma di comprensione a volte anche alta delle altre parlate latine e questo accade infatti anche fra un romano, un fiorentino ed un napoletano, i quali però (insieme ad illuminate menti isolane e con maggior lungimiranza) hanno a loro tempo stabilito che la lingua comune fosse l’italiano con preziosismi delle varie parlate ma essenzialmente con l’intento di unire e non di discriminare.

Pensare ad un sardo ex-novo nei termini in cui è stato concepito l’italiano mi sembra evidente che non abbia senso alcuno, azzarderei anzi in turritano che l’idea no isthazzi ne in tzelu ne in terra. Cantiamo fortza paris con tanto orgoglio proprio perchè il fior fiore della gioventù sarda ha gloriosamente versato fiumi di sangue per la Patria e perchè l’Italia e l’italiano fossero reciprocamente parte integrante della Sardegna e dei Sardi.

Quale è allora la natura di tutto questo sproloquiare sul sardo se è chiaro come l’acqua della Pelosa che l’intenzione di creare un sardo nuovo non sta ne in cielo ne in terra? Dove volete o voi presuntuosi ignoranti arrivare con questi presuposti?

Il sardo comune esiste già ed è qualcosa di non troppo dissimile da questa lingua che qui leggete, magari con qualche maiuscola o doppia da rivedere, ma questa è oggi la Lingua Comune dei Sardi e dovremmo celebrarla al posto di quell’altra buffonata demagogica che e’ sa die de sa sardigna, dovremmo celebrare l’unificazione della Sardegna insieme alla nascita della Repubblica Italiana, perchè è solo da quel giorno che i Sardi sono uniti almeno linguisticamente da Santa Teresa di Gallura a Capo Teulada.

E bene farebbe su barone a finanziare il teatro popolare, i poeti e gli scrittori di Sardegna, tutti a prescindere dalla lingua in cui scrivono, parlano o cantano piuttosto che quella marmaglia di insigni studiosi che si son venduti l’onore per quattro spiccioli e un pò di infame gloria.

Che si vergognino questi signori e che precipitino malamente da quelle cattedre che indecorosamente presiedono.

Se invece di sbragarvi al primo vento propizio aveste dato un alfabeto, una grammatica, un vocabolario a tutte le parlate sarde avreste avuto la gloria eterna ed il rispetto, ma, ahimè, vi siete nuovamente calati le braghe al primo duce ed ora non potete che commiserare la vostra volgare nudità, beh vi isthogghia.